IL QUARTIERE CHE CAMBIA: IL CASO DI MACALLÉ - DA SIMBOLO DI DEGRADO URBANO A OASI PEDONALE, CON SERVIZI E VERDE

di Paolo Miotto
Archpiùdue Paolo Miotto Mauro Sarti architetti associati

Nei primi mesi del 2014 si è completato un intervento di rigenerazione urbana in una zona periferica attigua al centro cittadino di Mestre, altrimenti nota come Macallé, caratterizzata dalla rilevante presenza di alloggi di edilizia residenziale pubblica (oltre 400) realizzati in più riprese tra gli anni Trenta e Novanta del secolo scorso, la metà dei quali risultava vuota od occupata senza titolo, in rilevante stato di degrado fisico da cui derivava un conseguente disagio sociale, tale da rendere il quartiere malfamato in tutta la città. Un pezzo di città caratterizzato dalla vicinanza al centro storico di Mestre e ai sui servizi pubblici è, nel contempo, divenuto il posto più vicino e comodo per parcheggiarvi l’auto a qualsiasi ora del giorno. Si chiama Altobello, ma per tutti è Macallé (da pronunciarsi rigorosamente alla veneziana, omettendo le due “elle”), come l’inespugnabile città etiope inutilmente assediata dagli italiani durante le campagne d’Africa di fine Ottocento. Per un certo periodo entrare in questo quartiere di Mestre era sconsigliato, da qui l’appellativo ancora in voga e fino a poco tempo fa sentirsi apostrofare con un “Ma ti vien da Macallé?” non era esattamente da interpretare come un complimento. Adesso l’uso di questa espressione si è quasi del tutto estinta e il quartiere, pur tra ritardi e contraddizioni, ha cambiato fisionomia. Non è più la terra di nessuno, delimitata tra il canale di Piazza Barche, le automobili di Corso del Popolo, le rotaie dismesse della Carbonifera e le lande desolate di via Torino. In questo contesto il Comune di Venezia ha promosso, nel 2004, il Contratto di Quartiere, affidandoci l’incarico di predisporre il programma degli interventi per l’ottenimento dei contributi pubblici posti a bando dal Ministero e dalla Regione (masterplan urbano, progetti preliminari degli interventi ordinari e sperimentali oggetto di contributo, programma delle attività sociali, sperimentali e di monitoraggio). A ciò è seguito, a finanziamento ottenuto, la progettazione e la direzione artistica della riqualificazione e pedonalizzazione della principale via Costa, le sue laterali e l’area a parco di piazza Madonna Pellegrina (di cui abbiamo curato la progettazione definitiva, esecutiva e la direzione artistica), strada centrale del quartiere e di connessione urbana con il centro città, e la riqualificazione delle sponde del Canal Salso. Insomma, un programma che ci ha visti impegnati per dieci anni in una città che non conoscevamo, ma che un po’ alla volta abbiamo cominciato a comprendere, frequentando soprattutto gli abitanti. Con gli abitanti, con i portatori di interesse, abbiamo valutato la propensione al cambiamento dei futuri utilizzatori e cominciato disegnare gli scenari possibili. E così, durante la fase di messa a punto del programma, è stata abbracciata l’idea di pedonalizzare l’intero quartiere. Una soluzione radicale, in grado di proporre un riutilizzo dello spazio urbano adatto a intercettare stili di vita diversi, sulla quale abbiamo costruito la sostenibilità ambientale, economica e sociale del programma. Grazie alla pedonalizzazione il progetto ha potuto triplicare il parco esistente, a beneficio dell’equilibrio idraulico e della diminuzione della temperatura superficiale della zona. Nel contempo la diversa idea di città sottesa alla proposta è riuscita ad attrarre gli investitori privati, chiamati a operare nella sostituzione edilizia del patrimonio pubblico più degradato, i cui investimenti hanno garantito l’equilibrio economico dell’intera rigenerazione urbana e i cui proventi della vendita patrimoniale sono stati reinvestiti per potenziare i servizi pubblici senza gravare il bilancio ordinario del Comune. Miglioramenti che hanno attratto nuovi abitanti e attività economiche, garantendo l’aumento dell’articolazione sociale e il superamento dell’isolamento del quartiere rispetto alla città. Tra il 2005 e il 2006 la macchina ha preso avvio, tra progetti definitivi ed esecutivi, per un valore complessivo di circa quaranta milioni di euro. Un’area di circa 7 ettari, suddivisa in tredici interventi e con un contributo pubblico di soli 10 milioni (limite massimo concedibile). Il progetto ha utilizzato i finanziamenti pubblici nell’isolato di maggiore valore storico e architettonico di proprietà dell’Ater (circa 8 dei 10 milioni di euro concessi dal Contratto), concependo tali risorse quali start up del più vasto programma di rigenerazione e destinandole alla ristrutturazione di quattro dei sei edifici dell’isolato per complessivi 61 alloggi di edilizia residenziale sociale, con tipologie diversificate per utenza (usuale, anziani e studenti). In questo intervento sono presenti anche 24 alloggi destinati agli “anziani fragili”, con dotazioni facilitanti e controllo remoto degli alloggi, rispetto ai quali il programma delle attività, curato dai servizi sociali del Comune, ha previsto e finanziato l’attivazione di un servizio di assistenza da parte di badanti specializzate. Nel 2010, entro la cornice del complessivo rinnovamento urbano, si è proceduto all’abbattimento di alcuni fabbricati di proprietà pubblica, ponendo a gara i terreni per la realizzazione di alloggi, negozi e il raddoppio della piazza e giardini di Madonna Pellegrina con i sottostanti garage per il quartiere (poco più di cento). Asta aggiudicatasi positivamente da parte di alcuni operatori privati che hanno finanziato e realizzato gli interventi previsti, in gran parte venduti nonostante sia, nel frattempo, intervenuta la crisi del mercato immobiliare. Un’operazione di sostituzione edilizia che ha consentito l’insediamento di nuovi e diversi abitanti a ulteriore garanzia di una maggiore articolazione sociale nel quartiere. Dalla vendita del patrimonio il Comune ha acquisito quasi 5 milioni di euro, ulteriori rispetto ai 2 provenienti dal Contratto, con i quali sono stati interamente finanziati i nuovi servizi e il miglioramento della qualità e della fruibilità degli spazi urbani. Si sono infatti previsti e realizzati un nuovo asilo nido con ludoteca attigua, un nuovo giardino, la ristrutturazione di parte del centro civico esistente, la riqualificazione e pedonalizzazione di via Fornace. Un Programma per la cui definizione è risultato importante l’ascolto e il confronto con gli abitanti e i portatori d’interesse del quartiere. Pratiche non già utilizzate per costruire il consenso a un progetto prestabilito, quanto piuttosto come strumenti conoscitivi del luogo e della propensione al cambiamento dei suoi utilizzatori. La partecipazione, organizzata in gruppo d’ascolto, è risultata importante in vari momenti del processo di realizzazione del programma. Come, ad esempio, nella raccolta delle istanze e nelle iniziative assunte per superare i disagi causati dai lavori. O nella promozione di eventi, rivolti alla città, per valorizzare e rendere noti i risultati raggiunti nella riqualificazione del quartiere. O ancora nel mantenimento di una tensione positiva tra gli attuatori e l’opinione pubblica durante il lungo tempo del processo. Va infatti rammentato che, per sua natura, il programma di rigenerazione si sviluppa in un tempo ben più lungo di una sola Amministrazione (in questo caso se ne sono avvicendate quattro) e la pressione continuamente esercitata dai cittadini è risultata importante per garantire costante le priorità tra Amministrazioni diverse. A compimento dei lavori sopra descritti è seguita una fase di monitoraggio degli esiti conseguiti dal programma di rigenerazione urbana del CdiQ, a cura dell’Università IUAV di Venezia - Dipartimento Culture del Progetto (relazione finale datata 10 novembre 2015). L’attività di monitoraggio non ha certo la pretesa di essere esaustiva e completa per descrivere le mutazioni sociali in atto all’interno di una piccola parte di città, ma mette in risalto alcuni aspetti che ci permettono di poter fare alcune considerazioni. A seguito della trasformazione urbana dei luoghi sono cambiate gli stili di vita di coloro che li frequentano, le persone camminano lungo la zona pedonale e si sentono come se stessero passeggiando in centro città. Il quartiere, da molti raccontato nelle interviste al passato come luogo periferico e di passaggio, comincia ad acquisire nuova vitalità, contribuendo allo spostamento del baricentro cittadino verso questa parte di città. Chi ha acquistato casa o un’attività commerciale ha valutato positivamente di poter vivere e lavorare in un luogo che sia adatto alla mobilità lenta e che non sia condiviso con il traffico automobilistico. A tredici anni dall’avvio del programma è possibile dichiarare terminato con esito positivo il Contratto di Quartiere Altobello Mestre - Venezia? È nostra opinione che l’esperienza sia da giudicare in modo positivo, soprattutto per la capacità dimostrata dagli abitanti, dall’Amministrazione comunale di Venezia e dalle imprese private di operare insieme. L’unico rammarico è, forse, quello che l’Ater della provincia di Venezia, completati i lavori su tutti gli edifici di propria competenza, a oggi non abbia ancora terminato le opere di urbanizzazione afferenti, rendendo ancora non abitabili numerosi alloggi. Dovremo quindi aspettare ancora, in questo programma, per beneficiare a pieno delle ricadute in termini economici e sociali dell’apporto dell’intervento pubblico del Contratto di Quartiere, voluto in Italia per dare una risposta prioritariamente ai problemi dell’edilizia residenziale pubblica.

Immagini di Alessandra Bello, fornite da Archpiùdue Paolo Miotto Mauro Sarti architetti associati

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