Ricordo di Vittoria Calzolari (1924-2017)

Sono molto commossa nel ricordare qui, oggi, Vittoria, di cui sono stata collaboratrice ed amica.

Sono anche onorata di farlo a nome di tutti i colleghi del Dipartimento di Pianificazione dell’Università Sapienza, dove, dopo i primi anni a Napoli, Vittoria ha svolto con continuità la sua attività di professore di Urbanistica.

Naturalmente parlerò anche, e soprattutto, a nome del Collegio dei Docenti della Scuola di Specializzazione in Beni Naturali e Territoriali, erede della prima Scuola di Specializzazione in Arte dei Giardini e Progettazione del Paesaggio, fondata da Vittoria con l’obiettivo di provvedere anche il nostro Ateneo di un programma formativo specializzato, post laurea, fino allora offerto solo in università straniere.

Oltre al ricordo del ruolo magistrale svolto, intendo portare qui anche un ringraziamento a Vittoria, che è stata infatti non solo donna d’azione, nel suo impegno assessorile nel recupero del centro storico di Roma, ma è stata anche figura centrale del rinnovamento della disciplina, della formazione e della ricerca.

Promuovendo la nozione di città e di territorio come spazio abitabile, Vittoria ha portato per la prima volta attenzione al riconoscimento dei loro valori di struttura, di identità e di durata ed ha posto la loro ricognizione e condivisione al centro delle strategie di piano e di progetto, anticipando così principi e metodi che successivamente sono stati riconosciuti nella Convenzione Europea del Paesaggio e nella stessa Raccomandazione sul Paesaggio Urbano storico dell’Unesco.

Non posso non ricordare a questo proposito l’ovazione che tutto il corpo accademico le ha attribuito in occasione della sua lectio magistralis tenuta all’Università di Dortmund e l’ammirazione suscitata dal suo intervento nel Convegno internazionale sui parchi storici organizzato, con la partecipazione delle massime autorità mondiali, da Janine Christiany a Versailles. Non meraviglia che questi indirizzi disciplinari profondamente innovativi abbiano suscitato la crescita negli anni delle visite e degli scambi richiesti al nostro Dipartimento ed alla nostra Scuola dalle diverse comunità scientifiche nazionali ed internazionali e che Vittoria, con generosità encomiabile, li abbia sempre sostenuti anche dopo il suo congedo fino a quando le è stato possibile, presenziando ad incontri, seminari e workshop tematici, che hanno segnato profondamente, grazie a lei, il percorso formativo di tutti i partecipanti. Non meraviglia quindi neppure che molti degli studenti che si sono succeduti, non solo quelli di prima ma anche quelli di seconda e terza generazione, siano stati colpiti dalla perdita di Vittoria che è stata anche per loro “la Professoressa” d’elezione e che, pur in alcuni casi stando lontani (Parigi, Madrid, Tokyo, Aachen…) abbiano inteso testimoniare la loro riconoscenza e vicinanza, con numerosi messaggi ricevuti in questi giorni.

Ultimo, ma non meno importante, è stato il ruolo svolto nell’Associazione Nazionale Centri Storico Artistici, in particolare nella elaborazione della Seconda Carta di Gubbio che, proprio grazie al suo contributo, ha portato l’attenzione dal centro storico al territorio storico e che è stata alla base delle più avanzate esperienze di pianificazione maturate in questi anni nel nostro paese e particolarmente in questa città.

Oggetto privilegiato delle sue ricerche e delle sue sperimentazioni, per questa città Vittoria ha costruito un laboratorio ante litteram di studi e di proposta, che costituiscono per Roma un lascito prezioso, di rilevanza fondamentale per la sua storia e per il suo futuro.

Grazie, cara, carissima Vittoria, ancora una volta.
Paola Eugenia Falini
Basilica di Santa Maria in Montesanto (Chiesa degli Artisti), 05/06/2017

L’entusiasmo con cui Vittoria ha affrontato la conoscenza del paesaggio aveva una spiegazione: è il risultato dell’incontro di una persona colta con il mezzo che voleva trasformare a partire dalla sua conservazione.

La sua coltivata conoscenza, la sua umiltà, nata dal rispetto e dalla comprensione per tutto quello che stava intorno a lei, la sua lotta instancabile per quello che era giusto, noncurante del disprezzo ricevuto, senza vendetta, con gratitudine, se possibile, hanno fatto di Vittoria una persona unica, attenta alla cultura piuttosto che alla tecnica, impegnata in un mondo che è scomparso, che si è mostrato fuori del nostro controllo.

“Ascoltiamo la professoressa”, le diceva Petroselli negli anni in cui è stata Assessore al Comune. Un’altra persona di cultura, che ha voluto arricchire le motivazioni fornite, sempre culturali, di Vittoria.

Io l’ho sentito così, passeggiando con lei per Roma, visitando il suo amato Parco dell’Appia, ascoltando i suoi interventi accademici in cui valutava, sempre, il pensiero altrui oltre il proprio.

Meticolosa fino all’esaurimento, come ho potuto verificare quando stavamo lavorando all’ultimo dei suoi libri che le è stato dedicato, come un compendio, per evidenziare il lavoro di tutta la sua vita. Lavorare con lei in questa opera, è stata per me una soddisfazione, mi ha fatto un testimone privilegiato degli ultimi anni della sua vita, in cui mostrava ancora la sua privilegiata energia.

Ho partecipato, tra l’altro, alla preparazione del suo ultimo scritto, che costituiva le conclusioni con le quali voleva completare l’antologia dei testi che hanno strutturato il libro. È stato proprio in queste conclusioni che ancora una volta Vittoria ha ribadito la necessità della cultura come guida della conoscenza.

Se lei mostrava ammirazione per Antonio Cederna, uno dei suoi grandi amici, e per la facilità che aveva di esprimere al momento giusto la giusta citazione letteraria, Vittoria non è stata da meno in quelle conclusioni a cui mi riferisco.

In questo caso, dalla mano di Pasolini. Il libro si conclude con l’immagine di Rio Castello, in prossimità della Torre Chia, restaurata da Pasolini che, attento a questo paesaggio della Tuscia, come cita Vittoria, diceva: «Nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta innocenza di querce, colli, acque e botri, quel che va difeso è tutto il patrimonio nella sua interezza. Tutto, tutto ha un valore…Ciò di cui abbiamo bisogno è di una svolta culturale, un lento sviluppo di coscienza».

Le parole di Pasolini avrebbero potuto essere pronunziate, perfettamente, dalla nostra indimenticabile Vittoria.
Alfonso Álvarez Mora
Basilica di Santa Maria in Montesanto (Chiesa degli Artisti), 05/06/2017


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