AR 118 / Tematica

di Marco Sangiorgio
Direttore Generale CDP Investimenti SGR

Parlare di rigenerazione urbana significa affrontare un tema il cui significato è in continua evoluzione. Partendo dalla classica interpretazione, con la quale si designano i programmi di recupero e di riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana, puntando a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale che ambientale, si arriva alla concezione di interventi volti alla rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio preesistente, limitando il consumo di territorio, salvaguardando il paesaggio e l’ambiente, ed escludendo interventi unicamente volti a demolizione e ricostruzione a fini speculativi. Le prime azioni di rigenerazione sono storicamente nate al fine di salvaguardare le periferie, specialmente quelle più degradate. Oggi il concetto di periferia è mutato: non si trovano più esclusivamente ai confini esterni delle grandi città, ma si rileva la presenza di numerose aree dismesse, spesso caratterizzate dalle connotazioni negative afferenti il concetto di periferia, anche in zone centrali delle città,

di Fabio Di Carlo

Architetto, professore associatodi Architettura del Paesaggio

Come altre città d’eccezione ma un po’ abbandonate, Roma è bella malgrado tutto. Malgrado i suoi cittadini e amministratori, i suoi detrattori, i suoi delinquenti e i diversi false friend. Forse i romani sono antropologicamente lontani da una consapevolezza e una visione dei propri paesaggi, come in una sorta di presbitismo da eccessiva vicinanza. Molti si preoccupano della sua pulizia e del degrado, del disagio sociale e delle sue manifestazioni, della sua ecologia, dell’ambiente e altro. Ma pochi pensano a un’evoluzione di Roma attraverso i paesaggi, che invece oggi sono consumati da tutti, sono erosi dall’uso al pari di un centro commerciale. Perfino la cinematografia spesso la riduce a immagini stereotipate, da cartolina: un po’ slabbrata e sporca, ma con un grande fascino. Un false friend appunto, come lo è molta pubblicità che ne utilizza gli scorci come fondali quasi finti.

di Monica Sgandurra

Architetto, paesaggista AIAPP - Associazione Italiana Architetti del Paesaggio - vicepresidente AIAPP LAMS

Un prato non ha confini netti, c’è un orlo dove l’erba cessa di crescere ma ancora qualche filo sparso ne spunta più in là, poi una zolla verde fitta, poi una striscia più rada: fanno ancora parte del prato o no?

tratto da Il Prato infinito in Italo Calvino, Palomar, 1983

Superfici omogenee o ambienti eterogenei, i prati sono spazi che nella nostra società occupano un ruolo importante nel paesaggio urbano: sono, per esempio, “un terreno di confronto strategico tra l’immagine collettiva della democrazia e i diritti individuali sulla proprietà” come li tratteggia George Teyssot descrivendo l’American Lawn, il prato americano, un prato per molti aspetti diverso dai nostri prati mediterranei, il “simbolo di armonia domestica che costituisce l’immagine pubblica della vita privata”, icona del popolo americano.

È comunque in Europa che originariamente queste superfici hanno accolto i cambiamenti culturali e sociali delle comunità, per uso, composizione, ruolo naturale, simbolico e produttivo, ed è sempre nel vecchio continente che questi spazi hanno avuto una funzione di catalizzatore all’interno del tessuto delle città.

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