AR 118 / Tematica

di Franco Zagari
Architetto e paesaggista Ordinario di Architettura del Paesaggio

Dedico questa breve memoria a Vittoria Calzolari Ghio, un’assoluta protagonista della vicenda del paesaggio romano, scomparsa mentre ne scrivo le mie ultime battute. È ovvio che il nostro pensiero si estenda con commossa gratitudine anche al marito Mario e al figlio Francesco, una famiglia il cui impegno per la causa di una città civile è stato esemplare per tutti noi.

Riflettendo sul destino dei parchi a Roma ci rendiamo conto che in realtà stiamo interrogando un paesaggio del tutto nuovo, non tanto un oggetto guardato, ma un meraviglioso soggetto che guarda, ci rappresenta, ci giudica. A Roma, come è noto, tutto nasce, si atrofizza e muore nella sua Grande Bellezza. E così avviene anche per il verde, con la stessa sciatta grandezza e decadenza. Chi può ne gode passivamente come di un privilegio dovuto per nascita, un indicatore infallibile di agiatezza, un dono che in fondo è subìto ma non desiderato. E questo distacco, un po’ passivo, un po’ cinico, curiosamente vale per il privato come per il pubblico: del verde in fondo se ne parla poco, solo ogni tanto, o tutt’al più se ne canticchia, pensando magari ad altro: “… Era un ragazzo come noi… “.

“[...] questa prodigiosa città riunisce tutti i primati. Qui il caso non ha prodotto nulla, ha distrutto soltanto; ciò che rimane in piedi è sempre stupendo, così come ogni frammento è venerabile, e del caos delle rovine traspare la norma originaria, riaffacciatasi nelle nuove, grandiose forme di chiese e palazzi”.

J.W. Goethe: Viaggio in Italia, Firenze, 1980, p. 451

Attraverso l’interpretazione del rapporto storia-natura, possono essere ritrovati o scoperti alcuni valori e significati peculiari di una città come Roma e di un territorio come quello che la circonda. Perché questo possa realizzarsi occorre però che siano nuovamente possibili sensazioni, visuali, modi e tempi di conoscere e di essere, meditazioni, scoperte, quali quelle che in epoche passate hanno sollecitato l’interesse, gli studi, la particolare attenzione da parte di intellettuali e ricercatori, la curiosità e il piacere dei visitatori e degli stessi romani. Un insieme di cose che riemergono oggi come esigenze culturali ed esistenziali di un nuovo rapporto tra città e natura, tra passato e futuro, tra individui e gruppi.

Desideriamo una città in cui sia possibile muoversi anche in modo non meccanizzato, ma soprattutto silenzioso (a piedi, in bicicletta), in cui si possa entrare e uscire attraverso belle strade e “porte”, come accade ancora percorrendo via Aurelia antica, via di porta S. Sebastiano, via Latina; come potrebbe accadere percorrendo nuovi viali e strade-parco.

di Nicolò Savarese
Architetto e urbanista

La Biennale dello Spazio Pubblico - nata nel 2011 da una felice intuizione di Mario Spada e lanciata allora dalla Sezione Lazio dell’Istituto Nazionale di Urbanistica - è arrivata quest’anno alla sua quarta edizione. Che cos’è la BiSP1? Difficile classificarla: un contenitore di eventi di tutti i tipi, seminari, convegni, mostre, proiezioni video ed altro ancora; ma al di là della rappresentazione che la BiSP ne dà, lo spazio pubblico costituisce un - forse il - tema centrale per la vita delle comunità urbane e per la forma della città, passata, presente e soprattutto futura. Questo ne ha determinato, sino ad oggi, il successo. Chi ne sono i promotori? La Biennale non ha ancora una sua fisionomia giuridica, ma si fonda sull’accordo programmatico di cinque soggetti istituzionali: l’Istituto Nazionale di Urbanistica e il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC con le rispettive articolazioni territoriali (INU Lazio e Ordine degli Architetti PPC di Roma e Provincia) e dal Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, che l’ha sempre ospitata.
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