Intervista a GUNTER ZAMP KELP, Fondatore di Haus-Rucker-Co

AR MAGAZINE - Qual è la lezione che dovremmo imparare oggi dall’opera di Haus-Rucker-Co e quali sono le tracce lasciate dal questo gruppo?

Günter Zamp Kelp - Ci sono parecchi insegnamenti. Il nostro Mindexpandingprogram, per esempio, sembra essere un’anticipazione dei prossimi strumenti dell’intelligenza artificiale di supporto alla mente umana.

Nella nostra mostra “COVER-Survival in a Polluted Environment” nel Museum Haus Lange a Krefeld nel 1971, abbiamo creato un ambiente sintetico ricoprendo una villa di Mies Van Der Rohe con un involucro sostenuto dall’aria. Proteggendo concettualmente lo spazio abitativo interno dall’aria malsana esterna. Questa visione distopica di un possibile futuro sta diventando una realtà probabile se consideriamo i problemi d’inquinamento in Cina o le polveri sottili nelle città europee.

AR M - Riconosci un’eredità di Haus-Rucker-Co? Puoi nominare qualche esempio di studi o progetti?

G Z K - A Vienna HRC fu il primo gruppo a svolgere la propria attività come un team, realizzando prototipi sperimentali al confine tra l’arte e l’architettura, già a partire dal 1967. Nel maggio 1968 fu seguito da Coop Himmelb(l)au, poi da Missing Link e Zünd Up.

AR M - “L’architettura come spazio” è un concetto sempre al centro della critica di Zevi. Qual è, secondo la tua opinione, il ruolo dello spazio nell’architettura di HRC?

G Z K - Lo spazio e la percezione dello spazio sono centrali nei lavori di HRC. Fondamentale anche l’utilità dello spazio come aspetto cognitivo tra utente e oggetto, mentre le superfici degli oggetti si comportano indipendentemente dalla funzione. Lo spazio è un’area neutra, colonizzabile.

AR M - Come il linguaggio radicale ha influenzato l’architettura dagli anni ’60 ad oggi?

G Z K - Le narrazioni create dai concetti architettonici radicali sono state un importante strumento nell’innovazione degli standard architettonici, generate dagli standard industriali del Bauhaus e della Rivoluzione industriale.

AR M - Qual è, se esiste, il confine tra arte e architettura? In che maniera influiscono l’una con l’altra?

G Z K - Non esiste un preciso confine, ma quello che è chiaro è che l’influenza sia reciproca. L’architettura non è un complesso di tecniche così come definito dal tedesco “Bauordnung” (regolamento edilizio), ma la sua agilità e diversità è collegata al design, alla politica e, infine, all’arte.

AR M - Parlando del “Grado Zero” in architettura, uno dei concetti più potenti formulati da Zevi, come interpreti questo paradigma che sfida il sistema trasformando la crisi in un valore aggiunto?

G Z K - In relazione al “Grado Zero”, i primi prototipi di HRC come il Balloon for 2 includevano consapevolmente l’imperfezione, l’insicurezza e il conflitto. Prototipi come Yellow Heart hanno le sembianze di strani animali, adatti sia a mondi sottomarini che allo spazio extraterreste. Oltre all’intenzione di “aprire le menti”, sovrappongono la routine spaziale quotidiana con l’obiettivo di incrementare la consapevolezza urbana.

AR M - Architettura, Politica e Utopia. Qual è la tua posizione nei loro confronti e come interpreta il loro legame l’opera di HRC?

G Z K - Ci sono legami evidenti tra architettura e politica, così come esistono legami concettuali tra il pensiero utopistico e l’architettura e, allo stesso modo, la politica. Nei primi oggetti di HRC si concretizzava il legame tra l’utopia e l’architettura. In un certo qual modo, è interpretabile come una forma d’arte.

Intervista a cura di: Zaira Magliozzi

In Copertina:
Haus-Rucker-Co,
Günter Zamp Kelp,
Big Piano
1972
©Haus-Rucker-Co

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