Ospedali a Roma - Tra piani di risanamento ed estremo degrado

Attraverso lo sblocco di 264 milioni di euro, destinati alla realizzazione di 87 interventi di risanamento, ammodernamento e ampliamento delle strutture esistenti, il piano per l’edilizia sanitaria sottoscritto dalla Regione Lazio nello scorso mese di maggio si pone ambiziosi obiettivi in termini di infrastrutture, dotazioni tecnologiche e implementazione della rete dei servizi. 

Sei i principali ambiti di azione individuati nel piano: ammodernamento tecnologico, rete perinatale, rete della salute mentale, rete ospedaliera, rete territoriale, rete antincendio. Agli interventi sulle reti dei servizi, mirati a colmare gravi lacune nel campo dell’assistenza e della distribuzione sul territorio dell’intera regione di presidi di basilare importanza in termini di assistenza e prevenzione - quali ad esempio i consultori -, si affiancano gli interventi di rinnovamento tecnologico, di ampliamento e ammodernamento delle strutture ospedaliere.

Quest’ultimo punto copre, in termini di investimenti, quasi il 50% delle risorse totali, con tre punti focali identificati nel completamento del nuovo Ospedale dei Castelli romani (ormai in fase conclusiva, descritto più in dettaglio nell’articolo seguente), nell’ampliamento dell’Ospedale Grassi di Ostia e nei lavori di riorganizzazione, adeguamento, manutenzione straordinaria, ammodernamento tecnologico e messa a norma del Policlinico Umberto I. Altri investimenti riguardano l’ospedale Santo Spirito, il Sant’Anna, il San Filippo Neri, il Sandro Pertini, il San Giovanni Addolorata, il San Camillo-Forlanini, il policlinico Tor Vergata, l’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, il S.Andrea, l’IFO-Regina Elena-San Gallicano. Un’opera di risanamento di grande portata, che ci si augura possa portare i risultati auspicati in termini di miglioramento dei servizi, riduzione delle liste d’attesa, risparmio per l’Amministrazione e per i contribuenti.

Restano però in sospeso alcune, scottanti e cruciali, situazioni. Quale sarà il destino dell’ospedale Forlanini e del complesso di Santa Maria della Pietà? Quali i progetti per il San Giacomo? Sono solo tre casi di macroscopica evidenza, esempi emblematici di spreco di strutture e risorse e purtroppo protagonisti anche di tragici episodi di cronaca nera.

Definitivamente chiuso a giugno 2015 (fatta eccezione per il reparto di medicina nucleare) al termine di una dismissione progressiva iniziata nel 2008, il Forlanini occupa un complesso monumentale inaugurato nel 1934 che si estende all’interno di un parco di 280.000 mq. Vittima di uno stato di abbandono protrattosi negli anni, la struttura è andata via via degradandosi ed è stata man mano occupata da frange di popolazione disagiata, in parte dedita allo spaccio e alla criminalità, diventando un ghetto di illegalità che vive, di fatto, una vita parallela a quella che ha continuato a svolgersi nei reparti progressivamente dismessi. Una situazione di degrado che ha trascinato nella rovina un edificio storico, un tempo fiore all’occhiello della sanità romana ma anche elemento di pregio della storia dell’architettura capitolina.

Il 5 giugno 2015 il consiglio del Municipio XI presentava una mozione per la salvaguardia dell’ex ospedale e per una sua riconversione a vocazione socio-sanitaria e a recupero degli affitti passivi della Pubblica Amministrazione. Il mese successivo, il governatore Zingaretti annunciava un investimento di 400.000 euro per la pulizia del nosocomio, il trasferimento al suo interno di una caserma dei Carabinieri e di alcuni uffici regionali, l’apertura di un’arena cinematografica estiva, l’istituzione di uno spazio dedicato all’innovazione, incubatore di imprese e servizi di orientamento e incontro tra domanda e offerta di lavoro, la presentazione per il successivo settembre di un bando di idee per raccogliere proposte sul futuro dell’area.

A un anno di distanza, non ci sono tracce del bando di idee, Zingaretti ha dichiarato di essere in attesa del nulla osta della Soprintendenza per la realizzazione della caserma dei Carabinieri e si è nuovamente detto disponibile a collaborare con l’Amministrazione comunale, mettendo in campo proposte per la rigenerazione e la valorizzazione del complesso ospedaliero (Fonte: Agenzia DIRE).

Appare purtroppo chiaro come, uscito dalla programmazione sanitaria, il Forlanini con tutta l’area circostante non sia mai stato ricompreso all’interno di una visione di programmazione sociale e urbana; la sommatoria di idee e proposte frammentarie sul suo futuro non restituisce l’immagine di una progettualità ad ampio raggio, cosa che sarebbe invece di primaria importanza per la riqualificazione della struttura e la valorizzazione delle potenzialità che può offrire alla comunità in termini di spazi e servizi. 

Altro caso emblematico è rappresentato dal complesso di Santa Maria della Pietà, nel quartiere Trionfale. L’ex ospedale psichiatrico, sorto nel 1913, si estende con 36 padiglioni all’interno di un grande parco; le palazzine sono disposte nel verde, collegate da un sistema di viabilità interna: un contesto paesaggistico e architettonico - ancora una volta - di grande pregio, che versa in uno stato di degrado e abbandono per la maggior parte dei suoi spazi. 

Attualmente alcuni padiglioni sono occupati da uffici della ASL e del Municipio, uno è sede del Museo della Mente, mentre altri spazi sono occupati da associazioni, alcune delle quali si sono stabilite qui abusivamente. Tra gli spazi abbandonati dei padiglioni anche un asilo nido, realizzato e aperto senza permessi e, di conseguenza, chiuso dopo un paio di anni di attività.

Quella di Santa Maria della Pietà è una storia travagliata di passaggi di proprietà e promesse mancate, di impegni presi e non mantenuti. Senza andare molto a ritroso nel tempo, è del 30 settembre 2015 l’annuncio da parte della Regione di un piano di riqualificazione dell’area, con l’obiettivo di farne un “Parco della Salute e del Benessere”. Tra i progetti annunciati, la riconversione in ostello di due padiglioni, destinati a ospitare pellegrini e familiari di malati lungodegenti, il recupero di un altro corpo edilizio come sede del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale, la ristrutturazione del padiglione che già ospita alcuni servizi della ASL (aprendo al suo interno la nuova Casa della Salute), il completamento dei lavori - mai terminati - per la realizzazione di una RSA in un ulteriore padiglione. L’impegno preso dalla Regione riguarda inoltre la manutenzione del verde e della viabilità all’interno del parco, che non ha mai smesso di essere frequentato dai cittadini. Dell’ostello, che avrebbe dovuto essere terminato in tempo per il Giubileo, non vi è ancora traccia; inoltre, non si sa cosa si sia fatto rispetto agli altri punti elencati nel piano. Le immagini di denuncia realizzate dall’ Osservatorio Permanente Sanità della UIL di Roma e Lazio parlano da sole.

Parimenti surreale la situazione del San Giacomo, presidio sanitario nel centro di Roma, oggetto durante l’era Marrazzo di una costosa operazione di ammodernamento che ne ha preceduto di solo pochi mesi l’improvvisa chiusura nell’ottobre 2008. Un doppio spreco di denaro, se si considera quanto speso per adeguare l’ospedale e quanto sta costando, a chiusura avvenuta, il mantenimento dei servizi di sorveglianza sulla struttura non più utilizzata. Una struttura in difesa della quale, così come sta avvenendo per il Forlanini, si sono aperte da subito battaglie in considerazione degli investimenti fatti e della posizione centrale del San Giacomo, che ne fa un presidio importante per gli abitanti del centro storico, così come per i turisti e i pellegrini in visita a Roma. 

Eventuali appetiti immobiliari sono stati sedati, se pure in parte, dal ritrovamento del testamento datato 1592 a firma del cardinale Antonio Maria Salviati, autore del lascito dell’immobile alla città; in questo documento egli stabiliva in modo inequivocabile come il dono fosse vincolato al mantenimento nei secoli della funzione ospedaliera dell’edificio. Il San Giacomo non sembra però al momento rientrare nei piani sanitari della Regione. La sua storia è ferma, mentre il suo futuro rimane ignoto, bloccato in una situazione di indecisionismo che continua a costare cifre ingenti alla comunità.

Tutte le immagini fornite da:
Osservatorio Permanente Sanità,
UIL di Roma e Lazio, Paolo Dominici,
segretario regionale


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