La gestione dei rifiuti in Italia e in Europa

Da Capannori a Copenaghen e Berlino, da Milano a Saracena e Aci Bonaccorsi, il tema dei rifiuti è centrale e imprescindibile nelle agende delle Amministrazioni locali e di quelle nazionali e comunitarie. Negli ultimi anni, i territori dell’Unione Europea hanno visto consolidarsi e accentuarsi una tendenza alla riduzione della produzione totale e pro-capite dei rifiuti urbani, probabilmente anche a causa della crisi economica internazionale. I dati Eurostat del triennio 2010-2012 fotografano una

linea politica con modelli di consumo e produttivi più sensibili alla prevenzione e al contenimento della produzione di rifiuti, rilevando una diminuzione degli scarti destinati alle discariche. Una scelta obbligata, quasi una necessità, per tappare le falle di una stagione passata all’insegna della scarsa lungimiranza e delle emissioni nocive, con conseguenti danni all’ambiente, alla salute e per intervenire sulla scarsa educazione dei cittadini in materia.

Secondo lo studio “Crescita e occupazione nel settore del riciclo dei rifiuti urbani” realizzato dal Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) in collaborazione con Althesys, una società di consulenza strategica e ricerca nei settori ambiente, energia, utilities e infrastrutture, i dati sul riciclo dei rifiuti in Europa sono molto frammentari. Alcuni paesi, soprattutto del centro e nel nord, mostrano una gestione omogenea dell’immondizia e un basso ricorso alle discariche, con scelte in linea con gli obiettivi comunitari, secondo i quali almeno il 50% dei rifiuti urbani dovrà essere riciclato e preparato per il riutilizzo entro il 2020. Si tratta di politiche legate a una pianificazione oculata e lungimirante, e di una radicata cultura della valorizzazione dei rifiuti. Altre realtà, prevalentemente dell’est, mostrano invece scarsa o nulla attenzione alle politiche del riciclo. Tra queste due polarità esiste una situazione intermedia presente in paesi come l’Italia, dove il riciclo è una pratica in essere, la quale tuttavia è in ritardo dal punto di vista del recupero energetico, con ancora quantità significative di immondizia dirette alle discariche.

Alla luce delle diversità dei paesi europei appare quindi ambizioso un obiettivo comunitario comune. Al tempo stesso è auspicabile continuare nel solco del trend attuale, verso un upgrade del trattamento dei rifiuti e una progressiva e costante diminuzione del ricorso alle discariche: valorizzare gli scarti, ridurne l’impatto sull’ambiente e sulla salute pubblica e incidere meno sulla spesa pubblica. 

Se a livello europeo l’Italia si trova in una posizione intermedia, sul piano nazionale il paese lamenta forti difformità in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti: se le regioni settentrionali (in particolar modo il nord-est) manifestano una tendenza positiva, quelle del sud e del centro fanno da contraltare. Troppe sono ancora le strutture di smaltimento attive. Sebbene da oltre vent’anni le normative comunitarie richiedano un uso delle discariche ridotto a “opzione di scorta” e nel 2003 una direttiva europea abbia provveduto alla chiusura di 288 impianti (di cui 43 al nord, 16 al centro e 229 al sud), nel 2012 ne erano in attività ancora 186 (rispettivamente 79 al nord, 66 al centro e 41 al sud). Il quadro non è idilliaco, soprattutto se si considerano anche le carenze strutturali, specie nel Meridione e nello specifico nella regione Campania, che sono costate una serie di multe da parte della Corte di giustizia europea (1,2 miliardi di euro in totale).

Il Governo italiano si è mobilitato per sovvertire la situazione. L’art. 35 del decreto Sblocca Italia, che sta incontrando l’opposizione delle Regioni, prevede infatti la libera circolazione dell’immondizia all’interno del territorio nazionale e la costruzione di 12 nuovi termovalorizzatori, che si andrebbero ad aggiungere ai 42 impianti in funzione (a loro volta portati alla massima potenza) e ai 6 in costruzione. Il decreto prevede inoltre che i termovalorizzatori diventino infrastrutture strategiche, un passaggio di livello che accelererà le autorizzazioni. Se da un lato questa misura incentiverà la produzione di energia e creerà un indotto economico generando nuovi posti di lavoro, dall’altro non si può ignorare l’impatto dell’incremento dei rifiuti inceneriti, previsto a +37% rispetto a oggi. Un impatto necessario, a causa della necessità di bruciare grandi quantità di rifiuti per contenere gli elevati costi di gestione degli impianti. Inoltre è possibile che questo provvedimento possa andare indirettamente a disincentivare la buona prassi del riciclo. Una prassi che differenzia l’Italia dai paesi più “virtuosi” del centro e nord Europa, dove è stata da tempo messa in atto una politica coerente di gestione degli scarti, in cui gli impianti di termovalorizzazione rappresentano l’ultimo passaggio della “catena del rifiuto” prima dell’arrivo in discarica. Oltre a promulgare leggi attente alla produzione di scarti industriali, questi paesi hanno infatti deciso di investire sia nell’educazione della comunità verso la cultura del riciclo, sia nella diffusione di sistemi di raccolta differenziata, riutilizzo e recupero. Emerge quindi la differenza di ruolo attribuita alla termovalorizzazione nel centro e nord Europa rispetto all’Italia. 

Danimarca

Esempio storico è quello di Amagerforbrænding, nella periferia di Copenaghen, città dove solo il 3% dei rifiuti finisce in discarica. Attivo dagli anni Settanta, si struttura con una grande gru robotica che riordina e smista i rifiuti, per poi indirizzarli in quattro diverse fornaci a seconda della tipologia. Nel corso degli anni è stato migliorato, arrivando a generare 26 MW di elettricità, garantendo il teleriscaldamento a 140 mila abitanti della capitale e registrando emissioni di gran lunga inferiori rispetto a un impianto a carbone. Nel 2017 sarà inaugurato a Copenaghen l’Amager Resource Center, un nuovo termovalorizzatore progettato da Bjarke Ingels. La sua copertura sarà dotata di un impianto di sci a tre piste. Un progetto innovativo, che mette a disposizione della città 31 mila mq per attività sportive in uno spazio insolito, ma anche una infrastruttura in grado di accogliere e trasformare in energia circa 418 mila tonnellate di rifiuti, un quantitativo sufficiente per riscaldare circa 140 mila unità residenziali.

Austria

Un altro esempio di termovalorizzazione integrato nel panorama cittadino è quello di Spittelau a Vienna, meta di molti turisti e risorsa per la città. L’impianto originario, incendiatosi nel 1987, è stato riprogettato dall’architetto ed ecologista Friedensreich Hundertwasser e rappresenta attualmente la seconda fonte di approvvigionamento energetico per il teleriscaldamento della capitale austriaca, rifornendo ogni anno le abitazioni di 60 mila viennesi. In Austria le politiche sul risparmio energetico hanno portato all’introduzione nel 2001 di una tassa per disincentivare il ricorso alla discarica.

Germania

Dagli anni Settanta anche la Germania è molto sensibile al tema del riciclo, ne è testimonianza il Pfand, uno tra i tanti sistemi di recupero delle bottiglie in vetro e in plastica, adottato già da diversi anni. Il meccanismo sta nell’addebitare, al momento dell’acquisto, una sorta di pegno - il Pfand, appunto - successivamente recuperabile riportando il vuoto in qualsiasi supermercato e depositandolo nei macchinari di raccolta rifiuti. L’ammontare della somma a credito può essere scalata dallo scontrino della spesa successiva o spedita cash direttamente a casa. I vantaggi del Pfand sono evidenti in primo luogo per l’ambiente in quanto si evita di sovraccaricare le discariche con rifiuti facilmente riutilizzabili, ma anche per le industrie, in ragione del risparmio di materia prima e energia. Infine questo meccanismo è vantaggioso per l’utente finale, che può godere del principio vuoto a rendere, a differenza di altri guadagni derivati dal riciclo percepibili solo in un maggiore lasso di tempo. Fortunatamente questa formula per la raccolta differenziata sta iniziando a diffondersi anche in Italia, con 1.500 riciclatori incentivanti (60% nel centro-nord, il restante 40% tra sud e isole).

In Svezia è esemplare il quartiere sostenibile di Hammarby Sjöstad, a Stoccolma. Ex zona di insediamento industriale, oggi è un elegante quartiere residenziale progettato per minimizzare l’impatto ambientale, con emissioni inferiori del 50% rispetto a quelli costruiti negli anni Novanta. Qui i rifiuti vengono utilizzati per produrre energia pulita: tutti gli scarichi domestici vengono convogliati in enormi cisterne sotterranee dove i liquami producono biogas immediatamente riutilizzabile a livello domestico. I residui solidi di questo processo vengono invece convertiti in compost e usati come concime per gli orti presenti nei giardini interni degli edifici.

Italia

Diverso lo scenario italiano. Secondo i dati di Openbilanci del 2012, la spesa pro capite per lo smaltimento dei rifiuti nei maggiori comuni italiani è stata di 164 euro. Detenendo il record nazionale, Roma ha speso 276 euro a cittadino. Tuttavia, pur persistendo molteplici criticità nello smaltimento dei rifiuti e nella gestione delle discariche, la tendenza generale è investire nella raccolta differenziata, in particolare nel sistema porta a porta, l’unica modalità che garantisce una buona percentuale di raccolta e una altrettanto buona qualità dei materiali recepiti.

I dati sono in crescita ma resta ancora molto da fare. A giugno 2015, la raccolta differenziata a Torino è al 40,2%, dato ancora lontano dal target del 65% fissato dalla giunta regionale per il quinquennio 2015-2020, ma si evidenziano alcune proposte interessanti, come “UBO - App”, una app contro gli sprechi alimentari che fornisce consigli e informazioni su come, dove e per quanto tempo conservare gli alimenti, ma anche suggerimenti sulle giuste quantità di cibo da acquistare e mangiare. Anche l’iniziativa “Botellon poco Reciclon” dello scorso 17 luglio in piazza Carlo Alberto, mirata a introdurre la raccolta differenziata durante la festa universitaria di fine anno accademico, ha avuto risultati discreti che lasciano intravedere margini di miglioramento.

Come sede di Expo, Milano registra una raccolta differenziata al 53,4% nei primi cinque mesi dell’anno e un record di 108.729 kg di lampadine esauste raccolte da gennaio a giugno 2015. Per quanto riguarda la manifestazione sono state avviate diverse buone pratiche legate al concetto di sostenibilità, tra cui le cargo bike ecologiche anti-rifiuti, una iniziativa promossa da Amsa, l’Azienda Milanese Servizi Ambientali, e il Gruppo San Pellegrino, che prevede l’utilizzo di bici attrezzate con cesti per la raccolta differenziata di plastica, lattine e vetro. A 90 giorni dall’inaugurazione, il tasso di raccolta differenziata nel sito di Expo si è attestato, secondo i dati Conai, al 61%, con una mancata emissione di oltre 127 tonnellate di CO2, il risparmio oltre 17.000 m3 di acqua e di 1,5 milioni di kWh di energia. Per quanto riguarda invece la lotta agli sprechi, il Progetto Foodsaving - Expo 2015 ha permesso, nei primi tre mesi, il recupero di 9 tonnellate di cibo, grazie all’operato della Fondazione Banco Alimentare che ha contattato 130 ristoranti e punti ristoro in situ.

A Napoli, invece, la Regione ha approvato a inizio 2015 una delibera che stanzia 9 milioni e 120 mila euro per interventi sulle discariche, mentre Comieco, il Consorzio Nazionale per la raccolta e riciclo di imballaggi a base cellulosica, ha predisposto misure per 7 milioni di Euro nel Mezzogiorno per incentivare la raccolta differenziata di carta e cartone, intercettando parte delle oltre 700 mila tonnellate che ancora finiscono nell’indifferenziato. Questi provvedimenti sono legati ai dati poco confortanti registrati per Napoli nel settore del riciclo dei rifiuti. Il raffronto con i primi due mesi del 2014 mostra che la raccolta differenziata è diminuita da 27,3% a 24,8% per il mese di gennaio e da 28,3% a 27% per febbraio, mentre la produzione totale di rifiuti è aumentata da 43.410 a 43.419 tonnellate in gennaio e da 38.687 a 39.586 in febbraio. I ritardi strutturali sono quindi evidenti. Nella cosiddetta “Terra dei Fuochi” Legambiente sottolinea la mancanza di analisi sui terreni, l’assenza di opere di bonifica e di risanamento delle falde, a fronte di dati epidemiologici preoccupanti. 

Legambiente evidenzia invece comportamenti virtuosi in circa 1.500 piccoli comuni. Se al nord ci sono molti casi di gestione oculata dei rifiuti - i migliori sono Trento, Pordenone e Belluno - al centro emerge l’eccellenza di Capannori, in provincia di Lucca, comune che aderisce da tempo alla Strategia Rifiuti Zero. Si tratta di un comune molto vicino al target atteso per il 2020, con una riduzione complessiva annua del 21,2% della produzione complessiva dei rifiuti e una raccolta differenziata vicina all’85%. A Capannori è stato decisivo l’avvio di un processo di cittadinanza attiva e della partecipazione dell’Amministrazione alle consuetudini dei cittadini nelle modalità di gestione del territorio. Oltre alla raccolta porta a porta condotta con mezzi elettrici e a metano, sono state adottate misure capillari che, sommate, hanno permesso di raggiungere una forte riduzione nella stessa produzione di rifiuti. Sono state ad esempio ottimizzate 15 sorgenti pubbliche per l’erogazione d’acqua, impiantati distributori automatici del latte e punti vendita specializzati per il refill dei contenitori di detersivo.

Anche al Sud i comuni di Saracena e Aci Bonaccorsi spiccano per comportamento virtuoso. In provincia di Cosenza, Saracena detiene il record regionale di raccolta differenziata, un risultato raggiunto con il sistema porta a porta e la vendita di alluminio e plastica, che ha prodotto entrate per il comune e consentito di alleggerire il carico fiscale sui residenti. In questo comune ogni sacchetto dell’immondizia viene identificato da un codice a barre, così da rilevare i cittadini inadempienti, registrare anomalie e infrazioni. Lo stesso meccanismo è utilizzato ad Aci Bonaccorsi, presso Catania. L’Amministrazione ha inoltre allestito un taxi sociale per persone sole o incapaci di muoversi in autonomia e messo a disposizione dei cittadini un impianto pubblico per l’approvvigionamento idrico gratuito.

Difficile pensare l’esportazione delle strategie virtuose di un piccolo comune nelle grandi città, soprattutto per ragioni organizzative e gestionali. Urge innanzitutto un’opera di sensibilizzazione dei cittadini tendente alla ristrutturazione dello stesso concetto di rifiuto e alla sua trasformazione da scarto in risorsa. 


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