FEDERICA GALLONI: LA CULTURA PER RIPENSARE LA PERIFERIA

Ripensare il futuro delle periferie, riqualificando le aree soggette a degrado e valorizzando le esperienze di risanamento. È uno degli obiettivi della DG AAP, la Direzione Generale Arte, Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del MiBACT, sotto la guida dell’architetto Federica Galloni, da attuare attraverso concorsi, progetti di formazione, mostre ed eventi. Vagliando anche le proposte che vengono dal basso.

Architetto Galloni, lo scorso giugno avete organizzato a Roma per il MiBACT il convegno “Futuro Periferie. La cultura rigenera”. Con quale obiettivo?
L’ambizione era offrire una panoramica sullo stato dell’arte delle politiche urbane in Italia sul tema della cultura per la rigenerazione urbana, anche alla luce degli esiti dei due bandi sulle periferie della Presidenza del Consiglio. Come Direzione Generale per l’Arte e l’Architettura Contemporanee e le Periferie Urbane, abbiamo presentato delle buone pratiche con l’intento di stimolare le pubbliche amministrazioni incentivando processi creativi entro il quadro normativo attuale anche coinvolgendo le comunità. Pubblico, privato e società civile insieme per una nuova governance.

Quali sono le idee e i progetti più interessanti emersi?
Ne cito per brevità solo uno, si tratta di Mare Culturale Urbano, un centro di produzione artistica nella zona ovest di Milano, vicino allo stadio di San Siro, nato per costruire un nuovo modello di sviluppo territoriale: partendo da un forte legame con la dimensione locale, sviluppa scambi a livello internazionale e attiva processi di inclusione sociale, rigenerazione urbana e innovazione culturale. Negli spazi di Cascina Torrette si sperimenta, si crea e si presentano al pubblico teatro, danza, musica, cinema, arte visiva e digitale; si lavora, si fa formazione, si partecipa a laboratori e a momenti di confronto comunitario. Un nuovo polo culturale a forte impatto sociale dove condividere crescita e riflessione, relax e divertimento, ogni giorno della settimana e durante tutto l’arco della giornata.

Tra le tematiche affrontate anche quella del coinvolgimento dal basso. Qual è a suo parere in questo senso la strada da percorrere?
Le istanze dal basso, capaci di aggregare il pubblico attorno a uno spazio e a un’attività, sono necessarie ma non possono essere l’unico elemento presente per interventi efficaci flessibili e articolati. L’attivazione dei soggetti locali nasce da necessità concrete, legate per lo più alle opportunità del momento e alle disponibilità soggettive, più che a un progetto vero e proprio. Per ottenere buoni risultati è infatti necessario, soprattutto in campo culturale, guardare oltre gli approcci classici di partenariato pubblico-privato.Sono numerose ormai le sperimentazioni di pubbliche amministrazioni in questo campo, penso ad esempio al Comune di Napoli, a quello di Bari, ma anche a quello di Milano.

Altra questione urgente è quella della multiculturalità e della convivenza che a Roma forse più che altrove ha assunto carattere di emergenzialità. Quali sono gli interventi culturali in cantiere o in atto per favorire la convivenza nelle aree più difficili?
La Direzione Generale, come istituto centrale del MiBACT, ha affrontato la questione a livello nazionale con la creazione del programma “Scuola: Spazio Aperto alla Cultura” nato allo scopo di ampliare l’offerta culturale delle scuole nelle zone caratterizzate da marginalità, attraverso la realizzazione di attività - rivolte a tutti i cittadini - da svolgersi all’interno degli edifici, in orari extra scolastici. Eventi culturali, manifestazioni artistiche e ludiche, attività espositive, molte delle quali sui temi dell’integrazione: l’obiettivo è quello di estendere e facilitare la fruizione culturale nelle comunità, diffondendo al tempo stesso le espressioni della creatività contemporanea. Le istituzioni scolastiche hanno proposto progetti da realizzare nella propria sede, anche con il coinvolgimento di altri enti, fondazioni, associazioni culturali e onlus, istituti di alta formazione per l’arte, per la musica, per la danza. Le proposte accettate hanno ottenuto fino a 100.000 euro di contributi per la realizzazione per un totale di 3 milioni messi a disposizione dal MiBACT.

Ci può illustrare in particolare quali sono i progetti per riqualificare le periferie già avviati o in rampa di lancio a Roma?
Scade il 28 settembre la seconda edizione del Concorso per dieci aree periferiche promosso dalla Direzione Generale d’intesa con il Consiglio nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori, che parte dal territorio e indaga la necessità di coniugare l’architettura con l’esigenza di una migliore qualità dell’ambiente edificato e quindi della vita delle persone. Il concorso riserva a dieci giovani progettisti l’opportunità di presentare proposte ideative su aree periferiche selezionate attraverso un bando di manifestazione d’interesse aperto a tutti i Comuni d’Italia. I partecipanti hanno tempo fino al 28 settembre e i dieci vincitori riceveranno un premio di 10.000 euro.

Le proposte riguardano aree che necessitano di interventi per il riuso e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie esistenti, per finalità d’interesse pubblico, il miglioramento della qualità del decoro urbano, l’accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana, il potenziamento delle prestazioni e dei servizi di scala urbana, la mobilità sostenibile e l’adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative.

Quali sono i progetti premiati dalla prima edizione?
Nella prima edizione, il Comune di Pomezia ha presentato l’area di Piazza Europa nel quartiere Toscanini. L’idea premiata, del gruppo Orizzontale, proponeva la progettazione integrata tra architettura, ricerca sociale e partecipazione per la costruzione di un senso collettivo degli spazi condivisi. Un’altra azione concreta è il sostegno di progetti culturali dedicati alle arti visive volti a sostenere processi virtuosi di riqualificazione delle periferie. Nove delle Fondazioni che fanno parte del Comitato promotore delle Fondazioni di Arte Contemporanea, con il quale la DG AAP ha sottoscritto un protocollo d’intesa, hanno realizzato progetti che coinvolgono il pubblico che vive in aree culturalmente disagiate. La Direzione Generale ha sostenuto la realizzazione di tali progetti con un finanziamento a fronte di una copertura parziale dei costi e comunque non superiore al 50% per ogni singolo progetto. I progetti, avviati a Roma sono: Fondazione Giuliani con il progetto “Menti locali” di Luigi Coppola; Fondazione Volume! con “Città inseparabili e buoni incontri” di Francesco Arena; Fondazione Nomas con “Come vivere insieme. La scuola comune” di Rit Premnah; Fondazione Pastificio Cerere con “Curare l’educazione” di Pietro Ruffo.

Quali sono le aree periferiche romane che necessitano di una cura più urgente? E con quali risorse?
La prima attività messa in campo dalla Direzione è stata quella di comprendere quali fossero gli interventi più urgenti attraverso un viaggio nei quartieri nati per l’iniziativa pubblica e realizzati negli ultimi cinquanta anni. Ha visto così la luce il progetto “Cantiere Periferie. Alla ricerca di una città normale”, un’articolata ricerca in collaborazione con il QART del DiAP di Sapienza Università di Roma, il Dipartimento di Ingegneria Civile della Seconda Università di Napoli e il Politecnico di Torino, che ha portato ad una mostra presso l’Archivio di Stato di Roma e a un catalogo edito da Lettera Ventidue. Sono otto i quartieri romani dei quali sono state evidenziate potenzialità e criticità, tra questi Vigne Nuove, Tiburtino III, Fonte Laurentina, tutti edificati tra gli anni sessanta e il 2000. In merito alle risorse vorrei precisare che le competenze della Direzione Generale sono legate più alle politiche culturali che non al finanziamento diretto d’interventi.

In questa direzione va anche il nuovo Atlante delle periferie metropolitane?
L’Atlante delle periferie metropolitane è uno strumento di cui ci siamo dotati per contribuire a indirizzare le politiche di riqualificazione delle amministrazioni pubbliche locali, dal momento che descrive il fenomeno della periferia secondo nuove chiavi di lettura. Costruito attraverso la rilevazione e l’elaborazione di dati omogenei nel contesto di dieci città metropolitane italiane (Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Bari) approfondisce il grado di dotazione di attività e servizi a disposizione dei cittadini, con particolare riferimento alla cultura e alla creatività, nelle diverse aree del territorio metropolitano.

Coerentemente con i più recenti orientamenti del dibattito sulle politiche di riqualificazione che individuano nel “mix funzionale” un fondamentale fattore di qualità urbana, l’atlante valuta la condizione periferica misurando la distanza fisica di ogni ambito territoriale dalla localizzazione di alcune categorie di attività e servizi ritenute decisive per conferire agli spazi fisici un carattere propriamente urbano: il cosiddetto “effetto città”. La ricerca è on line a disposizione di tutti sul sito www.beniculturali.it e a breve sarà disponibile anche il monitoraggio realizzato su Roma curato da Generazione Urbana. Tre i quartieri campione analizzati nel dettaglio: Tor Sapienza, il Tufello e Parco Leonardo.

Il cinema sembra aver riscoperto, alcuni decenni dopo Pasolini, la periferia romana. Pensa che questo fenomeno possa essere utile a un recupero dal degrado e che possa contribuire a concepire nuovamente questi luoghi come parti vive di Roma?
Ne sono certa. Tra l’altro a questo proposito verrà inaugurata prossimamente una mostra dal titolo “Da io a noi. La città senza confini” ideata e prodotta dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane e ospitata nel corridoio di Alessandro VII del Palazzo del Quirinale, con una piccola sezione dedicata proprio al cinema. Lo sguardo degli artisti contemporanei e tra questi anche i registi, ci aiuta a comprendere e svelare nelle periferie quella rete di relazioni tra le persone che è il vero bene comune.